L'ARTE DEL VINO
Il produrre vino in Langa, è una cerimonia. Il vino in svariate culture ha manifestato la sua portata spirituale e simbolica. Dall’eucarestia cristiana alle feste bacchiche romane. Questa ritualità fa sì che il vino sia concepito in Langa con il più sublime degli scopi, di conseguenza maneggiato con estrema riverenza.
La scelta del momento di vendemmia, momento magico, il resoconto di un anno di sforzi e sudori. Sebbene supportato dalla tecnologia, l’indice prediletto è tuttora il senso del gusto. Ogni piccolo appezzamento viene controllato e raccolto secondo la giusta premura, con l’obbiettivo di estrarne eleganza, bilanciamento e purezza.

La diraspatura, questa si è sì evoluta, i grappoli vengono selezionati su di un tappeto rotante, gli acini vengono gentilmente diraspati e pigiati. Si versano poi in grandi vasche d’acciaio, dove è possibile controllarne la temperatura di fermentazione. Qui la fermentazione parte.

Dapprima si rimonta il contenuto. Formatosi il così detto cappello, lo si immerge poi, tramite la steccatura anche detta cappello sommerso. In infusione per giorni. Per più di un mese una lenta infusione estrae quello che nei 9 mesi precedenti la pianta ha vissuto e trasmesso alla propria creatura: l’acino. In questo lento processo l’anima della collina, su cui sono cresciuti i grappoli, viene cristallizzata, prende un’identità. Ogni vasca sta ad indicare una differente personalità, ognuna avrà propria espressione.

Finito questo momento, il processo maieutico non si conclude. Avviene l’elevazione.
Lenta la creatura in fasce, deve formare il suo carattere. Il ruolo del contadino dev’essere come quello del più saggio dei genitori, prima individuare il carattere, poi lasciarlo esprimere incanalandolo verso ciò che è la sua tendenza naturale.
Riposando in botti di rovere di Slavonia (Garbellotto) e Austriache (Stockinger e Schon), non tostate, questo neutro involucro permette un respiro lento, delicato, puro. Dove nei Barbareschi corrisponde a 24 mesi o 36 mesi nel caso delle riserve. L’enologo in Langa è un maestro dotto, imparziale e paziente. Sa già quale sarà il papabile carattere del proprio vino e con pazienza ne osserva l’evoluzione. Talvolta disatteso non reagisce, perché sa che col tempo un carattere un po’ più rude si correggerà ed uno un po’ più flebile si ravviverà.

Quando l’esuberanza è placata, si imbottiglia seguendo le stagioni, le lune e i venti. Segue un affinamento in bottiglia che predisporrà il nascituro ad un sonno che talvolta può durare decenni. E lui in qualunque ora svegliato, sarà sempre pronto a dare tutto sé stesso, come il proprio padre gli ha mostrato nelle lunghe ed interminabili ore passate nei filari, ad accudirlo.
Ogni anno questi avvenimenti s’intersecano e si ripetono, nel ripetersi differiscono, qui il contadino domina quest’eterno ritorno e perfeziona la sua arte.

Nell’arte del vino, in Langa, non esistono regole e protocolli.
La sensazione domina.
L’intuizione è ciò che lega esperienza, tecnica e tatto.
Il contadino svolge un atto “profetico”, trasmette/concede al mondo tutte le sfumature di questo terreno. Svolge un atto di trascendenza, riesce a rendere col vino, eterno e sensibile un insieme di elementi altrimenti effimeri e perituri. Luca Pasquero Elia