NELLA STORIA

ARZISTE

[Resistere / Perseverare]


LA NOSTRA STORIA

L’intima consapevolezza di ciò che anima queste terre, è ciò a cui il contadino ambisce segretamente.
Con ardore, fatica e dedizione. Resistendo e Perseverando.

Ogni anno le radici affondano in uno strato più profondo, ed ogni anno il frutto meglio rispecchia questo indissolubile legame. Allo stesso modo ogni anno verdi braccia si distendono per dare al frutto un carattere rinnovato, originale. In equilibrio tra una persistenza caratteriale e una dote di volubilità. Questo è il verbo della natura.
L’apprendimento di questo verbo, risiede nell’esperienza del contadino. Nel conoscere tutte le sfumature del proprio vigneto, sapere come reagire al loro mutare. Il contadino instaura un rapporto empatico con ciò che lo circonda.
Questa labile sensibilità può essere unicamente estesa con il perseverare attraverso le generazioni. Compiuta grazie all’eredità di conoscenze tramandate di padre in figlio.

//Escursus: l’origine del nome Paitin

Paitin è il nome di una proprietà che gli Elia possedevano sul confine tra Neive in provincia di Cuneo e Castagnole in provincia di Asti. Avendo affari con la loro banca privata in entrambe le province, questa proprietà era per loro strategica, tanto che vennero soprannominati con tale nome: Paitin.
Per questo quando acquistarono nel 1796 il Sorì sul Bricco di Neive (ora Cru Serraboella), esso prese il nome di Sorì ‘d Paitin (Pajtin un tempo) ovvero il Sorì di proprietà di Paitin.


LA STORIA di Neive, dei Pasquero-Elia e del Barbaresco

LE PRIME CIVILTÀ

Neive e la Langa sembrano essere da sempre stati luoghi attraenti per uomini e donne di valore. Le prime popolazioni venivano chiamate Liguri, forti guerrieri e grandi lavoratori: Plinio scriveva “Mulieres hic ut viri, viri ut leones”. I Galli faticarono per accaparrarsi queste zone, da qui derivano molti nomi celtici che tutt’ora persistono, tra i più significativo forse il fiume Tanaro, confine naturale delle Langhe.

L’Impero Romano istituì tra il I ed il II secolo A.C. la Strada Magistra Langarum, passante proprio per Neive, sopra il fiume Tinella in borgata Moretta, è ancora testimone il cosiddetto ponte Marmoreo. Mentre dove ora sorge il monastero di Santa Maria del Piano sorgeva allora un tempo dedicato a Diana. Vi s’instaurarono così varie Gens (famiglie patrizie) tra le quali quella Naevia da cui viene il nome del paese stesso ed altre due gens, Elvia ed Elia.

Alba Pompeia

Alba Pompeia

IL MEDIOEVO

Dalla caduta dell’Impero Romano per quasi mezzo secolo l’area vive nelle scorribande barbariche e saracene. Ottone I nel 1014 libererà queste terre, costruendo la Cella Naevigensis sui ruderi del vecchio tempio di Diana. I monasteri importanti poli culturali e sociali permetteranno lo sviluppo e inizieranno la selezione della vite e dell’olivo. Di cui la prima sarà il fondamento dell’economia locale per il millennio successivo.

Nel 1190 Neive, Barbaresco, Trezzo e Neviglie creano un comune consortile, ponendo le basi di unione economica tra alcuni paesi, che 700 anni dopo, andranno a formare quello che sarà la denominazione Barbaresco, evidenziando un legame esistente da secoli.

Nel 1214 Bianca Lancia d’Agliano, protetta di Federico II è testimone della prima citazione della qualità superiore del vino di queste colline di cui era follemente innamorata. Altre testimonianze sulla selezione qualitativa del vino e sulle botti da 5 ettolitri usate per esso indicano un chiaro segno di propensione all’enologia.

La famiglia Pasquero (Pasquerio in origine) di stirpe militare spagnola, si stanzia in Piemonte nel XVI secolo, durante l’impero di Carlo V. Nel 1534 Giovanni Pasquerio è luogotenente del Castello di Casale, nel 1537 viene insignito del feudo di Cereseto. Col tempo si spostarono e stabilirono nel paese di Vezza d’Alba.

La famiglia Elia di Torino, sono i chirurghi di S.A. Carlo Emanuele I, consignori di Costigliole d’Asti. Lasceranno la grande città alla morte del Re (1630) per trasferirsi a Costigliole ed in seguito a Neive dove nel 1636 iniziano a ricoprire le prime cariche amministrative.

Entrambe le famiglie si dedicheranno con passione al vino Nebbiolo. La famiglia Pasquero servitrice della Real Casa, gestisce e vinifica svariati ettari del paese di Vezza d’Alba. La famiglia Elia, cosciente della qualità dei vini dei Grand Cru di Neive, vinifica solo uve di proprietà.

Bianca Lancia Agliano

Bianca Lancia Agliano

Terreno Sorì evidenziato

Mappale del 1756, contornato il Sorì Paitin vitato a Nebbiolo

Mappa di Neive

Mappale del 1852, contornato il Sorì Paitin vitato a Nebbiolo

NAPOLEONE

Grazie alle riforme volute da Napoleone Bonaparte, si liberalizza molta terra precedentemente appartenuta al clero e la riforma agraria pone le basi per lo sviluppo della zona.

Napoleone Bonaparte

Nel 1796 Benedetto Elia acquisterà un Sorì al Bricco di Neive (ora Cru - MGA Serraboella). E dopo pochi anni, nel 1826, comprese le potenzialità, comprò anche la cantina sotterranea del XVI secolo ed alcuni altri piccoli appezzamenti contigui al Sorì. Ma la famiglia continua a vivere in Paitin.

Documento d'acquisto di Giuseppe Elia

Atto d’espansione del vigneto in Serraboella e acquisto cantina storica del 1826

IL PRIMO NEBBIOLO SECCO

Dal 1842 il conte Cammillo Benso di Cavour attraverso le sue riforme agrarie dà ulteriore spolvero all’agricoltura e soprattutto al commercio con Austria e Francia. Importante fu anche il ruolo di Giulia Colbert Falletti che nel 1843 portò l’enologo e commerciante francese Louis Oudart a Barolo, per migliorare ulteriormente il sistema Gervais utilizzato dal General Staglieno per vinificare il Nebbiolo a secco.

Juliette Colbert

Juliette Colbert

A metà 1800 Neive è tra i paesi delle Langhe all’avanguardia nella vinificazione del Nebbiolo, lo stesso Louis Oudart con i vini prodotti nel Castello di Neive, nel 1862 vince una medaglia d’oro all’esposizione universale di Londra.

Camillo Benso di Cavour

Conte Camillo Benso di Cavour

DOMIZIO CAVAZZA

Giacomo Elia con suo figlio Giuseppe inizia a frequentare l’élite dell’enologia locale. Con il supporto di Domizio Cavazza, Giuseppe intraprende la vinificazione del Nebbiolo secondo il protocollo di Domizio. Nel 1893 etichetterà il suo vino come Barbaresco del Bricco di Neive, annoverato tra le prime 4 famiglie a menzionare in etichetta: la denominazione Barbaresco, il Cru ed il proprio nome con la dicitura “proprietario – produttore”. Solo 40 anni dopo l’intero paese di Neive entrerà a far parte interamente della denominazione Barbaresco.

L’anno successivo, 1894, Domizio chiamerà il suo nebbiolo Barbaresco, dando origine ad un prototipo di quello che diventerà nel 1958 la Cantina Produttori del Barbaresco.

Dott. Prof. Domizio Cavazza

Dott. Prof. Domizio Cavazza

STORIA

Giuseppe, determinato a far conoscere la qualità dei suoi vini, inizia ad esportare a Londra, New York e Buenos Aires. Nel 1911 all’esposizione universale di Torino si aggiudica una medaglia di bronzo a cui seguiranno premi per le annate di Barbaresco del 1924, 1927, 1931.

Alla morte di Giuseppe Elia il 9 Aprile 1938, in contemporanea con la grande guerra la vinificazione subisce un arresto. Il figlio Alessandro non è interessato, tutta la fiducia è riposta nel genero Giovanni marito di Elisa Pasquero-Elia, che purtroppo muore precocemente nello stesso anno. Secondo, il figlio di soli 10 anni, nel mezzo della Seconda Guerra Mondiale, con la madre Elisa si trovano impreparati ad affrontare questo arduo momento storico. Le tragedie che avvolgono le Langhe in quel periodo sono ben note. Perdute molte delle proprietà per via della guerra, rimane a Secondo solo quella nel Cru (MGA) di Serraboella, cui lo zio lungimirante aveva chiesto l’inalienabilità del suo Sorì. Nel 1948, all’età di 20 anni, con caparbietà, inizierà a gestire da solo l’azienda.

L’anno dopo arriverà in azienda Maria-Luisa, con la quale Secondo ristabilisce il lustro del prezioso gioiello. Nel 1953 rimpiazza e seleziona gran parte delle vigne del Sorì, da cui oggi l’intensità di quei giorni è riflessa nella Riserva delle Vecchie Vigne del Sorì Paitin.

I figli ed il nipote di Secondo e Maria: Giovanni, Silvano e Luca proseguono nell’arte che per 8 generazioni e 200 anni ha permesso alla propria famiglia d’arziste (resistere/perseverare).

Giuseppe Elia

Giuseppe Elia